Migliorano le performance economico finanziarie delle aziende ceramiche
È disponibile la prima edizione dello studio "Analisi di bilancio dei produttori mondiali di piastrelle ceramiche", realizzato dal Centro Studi Acimac.
Il volume, parte della collana "Analisi di Bilancio", contiene i dati economico-finanziari relativi al triennio 2011-2013 di 288 aziende attive in 41 Paesi, di cui 89 italiane, 70 spagnole, 33 di altri paesi UE, 15 extra-UE (con una prevalenza di 9 aziende russe), 70 asiatiche e 11 dal resto del mondo (Egitto, Messico, Tunisia, Argentina, Venezuela). Oltre all'analisi delle performance delle singole imprese, lo studio esamina i risultati medi degli aggregati Italia, Spagna, altri Paesi UE, extra-UE e resto del mondo.
Il panorama italiano mostra segnali positivi, determinati da ingenti volumi di piastrelle esportati e dall'aumento costante dei prezzi di vendita, frutto dello spostamento verso produzioni ad alto valore aggiunto. Tra le evidenze emerse dall'analisi del 2013 e delle medie triennali, spicca la crescita degli investimenti in beni strumentali e attrezzature produttive da parte dell'industria ceramica italiana, che si riflette nell'incremento del rapporto capitale per addetto (pari a circa 360mila Euro, ossia il più alto tra tutti i Paesi produttori di piastrelle), e quindi nel primato in termini di efficienza produttiva: il rapporto fra valore aggiunto e fatturato, salito nel 2013 al 30,1%, è il più alto a livello mondiale e conferma un uso efficiente delle risorse produttive impiegate. Anche la struttura finanziaria risulta nel complesso sotto controllo, con un indice di autonomia finanziaria in crescita nel triennio.
Da tenere sotto controllo invece il costo del lavoro che incide pesantemente sulla compressione dei margini: il CLUP (costo del lavoro per unità di prodotto) è superiore di quasi il 3% rispetto alla Spagna e dell'1% rispetto alla media Europea; l'EBITDA in rapporto al fatturato (7,5-8%), seppure in miglioramento nel 2013, resta inferiore alla media mondiale. Tuttavia, a dimostrazione della capacità delle imprese italiane di creare valore, da notare come il valore aggiunto medio per addetto (oltre 72mila Euro) sia il più alto a livello mondiale.
Nel suo complesso, anche la performance economica spagnola si rivela buona. L'aumento di fatturato (grazie anche a politiche di prezzo più aggressive per aumentare i volumi di vendita) e la razionalizzazione dei costi di produzione danno luogo ad un incremento del valore aggiunto prodotto. In crescita risultano l'EBITDA (quasi il 10%), il ROE (Rendimento del Capitale Proprio) e il ROI. Nonostante un lieve aumento del leverage (a 2,97), l'industria spagnola mostra un buon equilibrio finanziario e buona solvibilità di breve periodo.
Meno roseo il quadro relativo alle altre 37 aziende attive in altri Paesi UE, che mostrano un indice di reddittività in calo nel triennio 2011-2013: il valore aggiunto (in calo di quasi un punto percentuale all'anno) soffre il peggioramento dell'incidenza media dei costi del personale (che si riflette anche nel calo dell'EBITDA) e di produzione. In miglioramento, invece, la struttura finanziaria, seppur in presenza di una condizione di sotto-capitalizzazione.
Anche l'aggregato Europa extra-UE evidenzia un rallentamento delle performance economico-finanziarie, con indici ROE, ROI e ROS in peggioramento rispetto al 2012. Su tali risultati incide, in generale, una gestione poco efficiente della struttura e dei fattori produttivi. Per contro, la bassa incidenza del costo del lavoro e la riduzione di un terzo del costo medio per dipendente ha consentito livelli di EBITDA nel biennio 2012-2013 di poco superiori alla media europea.
Infine, per quanto riguarda i produttori asiatici, l'eccezionale vantaggio in termini di basso costo del lavoro si riflette in una buona efficienza produttiva, pur in presenza di un posizionamento su produzioni low-price e di bassa qualità: con un CLUP tra i più bassi a livello mondiale (10,4%), il rapporto valore aggiunto/fatturato si attesta sul 27% e l'EBITDA raggiunge il 13,2%. Ottimo anche il livello di profitto netto, pari al 5% del fatturato.
L'analisi di clustering proposta dallo studio Acimac, mostra infine le caratteristiche dei best performers, ossia un gruppo di 26 imprese (10 in UE, di cui 6 italiane, 5 in Europa extra-UE, 10 in Asia e una in Africa) con ROI superiore al 15%, in cui si delineano due modelli di business opposti. Da un lato, le aziende con processi produttivi ad alta intensità di lavoro a basso costo (prevalentemente in Asia e in Europa extra-UE), con produzioni di gamma medio-bassa rivolte principalmente al mercato domestico e che operano in condizioni di leadership di costo. Dall'altro lato, il modello delle imprese italiane e di alcune europee, orientato alla differenziazione, con una forza lavoro limitata, investimenti ingenti ed elevati livelli di produttività che determinano un CLUP analogo a quello dei competitor asiatici.
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