Cala la produzione, tengono i prezzi delle piastrelle italiane
In rialzo il prezzo medio (+3,73%) con margini comunque erosi dall’aumento dei costi produttivi.
Il fatturato raggiunge i 5.334,1 milioni di euro (+2,98%) suddiviso tra i 1.487,8 milioni di euro (+3,15%) dell’Italia e le esportazioni che hanno raggiunto i 3.856,3 milioni di euro (+2,91%).
Sono questi i dati principali emersi dalla 25a Indagine Statistica Nazionale sull’Industria Italiana delle piastrelle di ceramica nel 2004, presentata oggi presso la sede di Assopiastrelle.
L’industria italiana delle piastrelle di ceramica conferma quindi una sostanziale tenuta della propria struttura industriale, che punta verso un modello caratterizzato da un equilibrio tra quantità prodotte e vendute.
Le quantità vendute nel 2004 sono risultate pari a 583,7 milioni di metri quadrati (-0,73%).
In termini di mercati di destinazione, i 171 milioni di metri quadrati venduti in Italia (+0,52%) corrispondono al 29% del totale; i 412,5 milioni di metri quadrati esportati (-1,24%) rappresentano il 72% delle vendite.
La crescita del +3,73% prezzo medio – frutto di un +2,62% in Italia e di un +4,20% estero (un dato particolarmente significativo se si considera la svalutazione del dollaro) – risponde ad un miglioramento nel mix dell’offerta, ma anche ad una risposta ai crescenti costi, soprattutto del gas metano e dei trasporti.
Dunque, solo in parte e probabilmente non per tutte le imprese si potrà assistere ad un miglioramento nei margini reddituali.
Gli investimenti sono fermi al 4,51% del fatturato del settore. Per quanto riguarda le tipologie, il gres porcellanato copre ora il 61% della produzione (40,4% di gres smaltato), seguita da monocottura (25%) e bicottura (8,8%).
Il primo bimestre del 2005, secondo quanto riferito dal presidente uscente Sergio Sassi, è stato invece particolarmente negativo, specie nei mercati mitteleuropei, con la Germania ancora in grande sofferenza (vendite oscillanti tra il -12 e il -15%).
Leggera ripresa, invece, nei mesi di marzo e aprile. Negli Stati Uniti molte delle nuove quote di mercato sono coperte dai produttori brasiliani e da competitor di primo livello quali Spagna, Messico, Cina. Le primissime stime prevedono per l’anno in corso una sostanziale stabilità del fatturato di settore.
Negli approfondimenti la struttura del settore e i mercati nel 2004
Al 31 dicembre 2004 erano attive in Italia 228 imprese, 11 in meno rispetto all’anno precedente, con una occupazione di 29.817, in calo di 447 unità (-1,48%).
L’attività industriale avviene in 317 stabilimenti (-6 rispetto al 2003) dove sono attivi 721 forni (26 in meno rispetto a 12 mesi prima); nel corso del 2004 gli investimenti sono stati pari a 241,5 milioni di euro, pari al 4,51% del fatturato, in linea con quelli passati e con quelli progettati per l’anno in corso.
Il settore, attraverso una progressiva razionalizzazione, punta dunque ad eliminare rami secchi, a inglobare aziende all’interno di gruppi di maggiori dimensioni e aumentare la produttività delle singole fabbriche.
Per quanto riguarda i mercati esteri nel 2004, alle difficoltà delle vendite in Germania (-6,5%) si contrappongono una buona espansione nei paesi dell’area scandinava – con incrementi vicini al 20% in valore – e una discreta crescita della Francia (+3,4%), terzo mercato estero di destinazione per l’Italia.
Per quanto riguarda i mercati extracomunitari, pur in una situazione a macchia di leopardo spicca il dato degli Stati Uniti (+ 3,6 in quantità e +5,64 in valore, anche se sono lontani i tempi della crescita a doppia cifra), a cui si contrappongono flessione in Asia (-6,2%) ed Australia (-9,7%), mercati nei quali la forte concorrenza dei produttori del Far East si fa sentire in modo particolare.
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