Confindustria Ceramica ha presentato i dati relativi all’andamento dei quattro comparti nel 2019. Tiene il settore dei sanitari e, in parte, quello dei refrattari; in flessione stoviglieria e laterizi.
L’Assemblea annuale di Confindustria Ceramica del 9 giugno scorso ha offerto l’occasione per fare il punto anche sull’andamento nel 2019 degli altri settori dell’industria ceramica italiana che, insieme a quello delle piastrelle, trovano rappresentanza nell’associazione di categoria.
Il comparto della ceramica sanitaria (30 aziende, di cui 27 ubicate nel distretto di Civita Castellana, Viterbo) ha confermato i risultati raggiunti l’anno precedente, producendo 4 milioni di pezzi (erano 3,9 milioni del 2018) e realizzando un fatturato di 338,8 milioni di Euro (+0,7%%), di cui il 45% da esportazioni (152,5 milioni di Euro).
In calo l’occupazione, scesa a 2.672 addetti (71 unità in meno sul 2018). In flessione invece la produzione di materiali refrattari, scesa a 358.700 tonnellate (-9,4%), per quasi il 60% destinata al mercato domestico. Il fatturato del comparto si è però mantenuto sui valori del 2018, a 407 milioni di euro (+0,4%), di cui 216 milioni generati da vendite sul mercato italiano (in calo del 6,5%) e 191 milioni da esportazioni (+9,6%). Le aziende attive in Italia nella produzione di refrattari sono 32 e occupano 1.734 addetti.
Anche il comparto della stoviglieria in ceramica ha chiuso il 2019 col segno meno. Le 10 aziende attive in Italia, che occupano 655 addetti, hanno ridotto la produzione a 11.600 tonnellate (-12,1%), in risposta al brusco calo delle vendite, scese da 12.800 a 10.000 tonnellate (-21,9%). In flessione sia le vendite sul mercato domestico (7.400 ton, -22%), che quelle sui mercati esteri (2.600 ton. -21,2%). Più contenuta la contrazione dei ricavi, scesi a 49,7 milioni di euro (-9,4%).
Infine l’industria dei laterizi che in Italia conta 72 aziende e 3.200 addetti. La crisi del comparto è iniziata nel 2008, segnando una costante flessione della produzione anno dopo anno. Nel 2019 i volumi prodotti sono scesi a 4,4 milioni di tonnellate, pari a circa la metà della capacità installata e circa l’80% in meno dei livelli produttivi pre-crisi. Il fatturato del settore è stato pari a 380 milioni di euro.
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