Il made in Italy frena dopo un 2022 da record
L’industria italiana delle piastrelle conferma il record di ricavi nel 2022, a 7,2 miliardi di euro (+16,5% sul 2021), con vendite a 449 milioni mq (-1,4%). In frenata il primo trimestre 2023, con un calo di export in volume del 25%.
Un giro d’affari complessivo da 8,7 miliardi di euro, in aumento del 16% sul 2021. È il nuovo record raggiunto a fine 2022 dall’intera industria ceramica italiana, un totale di 259 aziende e 26.500 addetti diretti attivi nei sei comparti della produzione di piastrelle e lastre, sanitari, stoviglieria, refrattari, laterizi e ceramica tecnica.
Una fotografia – quella che emerge dall’Indagine Statistica Nazionale di Confindustria Ceramica presentata all’Assemblea annuale dei soci il 14 giugno – che conferma l’indiscusso ruolo trainante dell’industria delle piastrelle, che, con i suoi 7,2 miliardi di euro, pesa per l’83% del fatturato totale.
L’industria delle piastrelle
Come anticipato dai preconsuntivi elaborati lo scorso dicembre, i risultati raggiunti nel 2022 dalle 128 aziende italiane produttrici di piastrelle e lastre ceramiche evidenziano la sostanziale tenuta dei volumi prodotti e venduti, a fronte di un eccezionale aumento del fatturato.
La produzione è stata pari 431,2 milioni mq - il secondo volume più alto dal 2008 -, scesa di appena lo 0,9% sui 435 milioni del 2021. Le vendite totali - 449 milioni mq (-1,4% sul 2021) – sono il risultato delle vendite sul mercato interno (92,7 milioni mq; +1,7%), ancora sostenuto dalla forte ripresa dell’attività edilizia e delle ristrutturazioni, e delle esportazioni, pari a 356,2 milioni mq (-2.2% sui 364 milioni del 2021), che si confermano tra i volumi più elevati degli ultimi 15 anni.
Come noto, l’aumento dei listini per fronteggiare il forte rincaro dei costi di produzione (energetici in primis) ha consentito alle aziende ceramiche italiane di chiudere il 2022 con un fatturato totale di 7,2 miliardi di euro (+16,5% sui 6,2 miliardi del 2021): 1,2 miliardi di euro sono stati realizzati sul mercato interno (+25,6%) e 6 miliardi di euro con l’esportazione (+14,8%), anche in questo caso il picco storico.
Alla fine dello scorso anno, il prezzo medio di vendita sul mercato interno era salito da 10,6 €/mq a 12,43 €/mq, quello all’esportazione da 14,3 €/mq a 16,76 €/mq (contro i circa 10 €/mq dei competitor spagnoli e gli 8 €/mq di quelli turchi).
Da sottolineare anche i buoni risultati derivanti dall’internazionalizzazione produttiva: le aziende estere controllate da gruppi italiani e attive in Europa e Nord America hanno realizzato un giro d’affari di oltre un miliardo di euro.
Infine, ma di assoluto rilievo, il dato relativo agli investimenti che hanno continuato a crescere anche nel 2022 in maniera sostenuta (+25,6%, dopo il +73% del 2021), portandosi a 441,3 milioni di euro, pari al 6,1% del fatturato totale del comparto.
Il 2023 inizia in frenata
Come era atteso, i numeri del primo trimestre 2023 hanno mostrato con evidenza la misura del rallentamento della domanda globale che si era già sentito nel secondo semestre dell’anno precedente.
È lo stesso Presidente di Confindustria Ceramica, Giovanni Savorani, a snocciolare i dati, quasi tutti caratterizzati da un segno meno a doppia cifra: rispetto al primo trimestre 2022, l’export di piastrelle italiane è calato del 25% in volume e del 13% in valore, interessando tutti i mercati; in calo di circa il 10% anche i volumi venduti in Italia, mentre in valore si registra un segno positivo di alcuni punti percentuali.
“Senza dubbio – sottolinea Giovanni Savorani -, dopo lo straordinario exploit dei primi sei mesi del 2022, un ritorno su valori più bassi poteva essere prevedibile, anche se il calo trova una sua spiegazione soprattutto nel profondo cambiamento dello scenario globale, caratterizzato da tassi di interesse cresciuti repentinamente, una fortissima resilienza dell’alta inflazione, l’esaurimento della fiammata dei consumi post lockdown e il peggioramento del clima di fiducia dei consumatori. In questo contesto la competizione internazionale si fa ancor più accesa ed altissima è l’attenzione dell’industria italiana ed europea affinché tutti gli esportatori, tra cui quelli di India e Cina, applichino le regole del Fair Trade”.
Il presidente di Confindustria Ceramica conferma come la flessione dei prezzi dell’energia termica ed elettrica sia un dato positivo per il settore, aggiungendo però che
“rimangono ancora aperti tutti i problemi strutturali, quali l’assenza dei decreti attuativi per aumentare di 2 miliardi di metri cubi l’estrazione di gas nazionale da destinare ai settori gasivori, e una riforma degli ETS destinata ad aggravare ulteriormente le penalizzazioni competitive per l’industria UE”.
Per gli industriali della ceramica, infatti, lo strumento ETS, nato con il condivisibile obiettivo di decarbonizzazione, si è dimostrato inefficace e controproducente in termini di miglioramento ambientale, determinando altresì un effetto recessivo sull’industria.
“Le quotazioni attuali della CO2 - sottolinea Savorani - oscillano sugli 85 euro per tonnellata, quando a giugno 2019 erano 25 euro. Anche il piano ‘Fit for 55’, finalizzato alla riduzione strutturale delle emissioni, determina effetti negativi sulla competitività del nostro settore poiché le nostre fabbriche hanno già realizzato tutti gli efficientamenti possibili e le soluzioni tecnologiche alternative oggi non appaiono percorribili”.
Al riguardo, Savorani conferma che è già in atto la sperimentazione per elettrificare i processi produttivi, ma i costi di esercizio sono ancora molto elevati, così come ha costi eccessivi in termini di energia elettrica anche la produzione di H2.
Difficile per Savorani anticipare previsioni sull’andamento dell’anno, sebbene ribadisca la fiducia in una inversione di tendenza nel secondo semestre del 2023 che potrebbe quindi coincidere con lo svolgimento del prossimo 40° Cersaie di Bologna.
In copertina: Marazzi, Naturalia
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