Cina, nuove prospettive per l'import
La conferma arriva dall’indagine di mercato sull’industria ceramica cinese realizzata da Ice e Acimac e presentata ieri, 28 aprile, a Modena.
Durante il Decimo Piano Quinquennale, l’industria dei materiali da costruzione dovrebbe, infatti, raggiungere un valore stimato in 50,8 miliardi di euro, circa il 6% del PIL annuale della Cina.
Ogni anno vengono costruiti 500 milioni di metri quadrati di nuove abitazioni e conseguentemente continua a crescere la spesa per la decorazione di interni, che ha raggiunto, secondo le ultime statistiche nazionali, gli 80 miliardi di dollari/anno, di cui 37 nella decorazione di edifici pubblici, 6 per le strutture ricettive e alberghiere e ben 43 miliardi nell’edilizia residenziale.
Nonostante la produzione interna continui a coprire la quasi totalità del consumo interno, arrivano segnali positivi per l’import, pari, nel 2002, a appena 1,84 milioni di metri quadrati.
L’urbanizzazione crescente, lo sviluppo delle città con nuovi quartieri residenziali e business center prestigiosi sta infatti facendo aumentare la richiesta di prodotti di qualità elevata, che le aziende locali non riescono ad assicurare. Per questo vengono scelti prodotti di importazione, principalmente italiani e spagnoli.
La spesa privata in questo nuovo segmento del mercato varia molto: dai 1.200 ai 3.600 dollari per i piccoli appartamenti di 50 metri quadrati, fino ai 6.000-12.000 dollari per le residenze più ampie da 150 mq.
A favorire una possibile ripresa dell’import anche l’ingresso della Cina nel WTO che ha avuto, tra le prime conseguenze, un significativo calo dei dazi di importazione che, per le piastrelle sono passati dal 60% al 12%, e per i sanitari dal 60% al 10%.
Negli approfondimenti una scheda sull’industria ceramica cinese e sulle esportazioni dei produttori italiani di macchine per ceramica, da sempre i maggiori player sul mercato cinese per la fornitura di impianti completi e singole macchine.
Nel 2002 il valore della produzione ceramica cinese, il maggior paese produttore e consumatore di piastrelle, ha raggiunto i 66,5 miliardi di RMB (circa 6,8 miliardi di euro), con un incremento del 13,3% sul 2001.
Quasi la metà (47%) è realizzata dall’industria produttrice di piastrelle, seguita dal stoviglieria (24%), sanitari (21%), ceramica tecnica e artistica (8%). In quantità, nel 2002 la Cina ha prodotto 1.868,5 milioni di metri quadrati di piastrelle, 485.400 tonnellate di sanitari e 16.470 milioni di pezzi di stoviglieria in ceramica.
Per arginare il problema della sovrapproduzione il Governo cinese ha recentemente deciso di chiudere i piccoli impianti con tecnologia obsoleta e capacità produttiva inferiore ai 700.000 mq/anno.
Nel solo comparto della produzione di piastrelle e sanitari si contano circa 3.500 aziende, di cui solo un migliaio con un fatturato oltre i 500.000 euro. La difficoltà di censimento di questa industria deriva infatti dalla sua estrema frammentazione, con centinaia di piccole imprese che complessivamente rappresentano il 54% della produzione di piastrelle (1 miliardo di mq su 1,86 miliardi).
Il livello qualitativo dei prodotti ne è una conseguenza diretta, con solo il 20% della produzione (pari comunque a 374 milioni di metri quadrati) che può fregiarsi dell’etichetta “alto di gamma”. Una quota, comunque, destinata a crescere progressivamente seguendo la tendenza degli ultimi 10 anni.
Dal 1983 (anno in cui fu installato in Cina il primo impianto completo per piastrelle fabbricato in Italia) ad oggi, si stima che i costruttori italiani di macchine per ceramica abbiano importato in Cina oltre 400 impianti completi, 420 forni e 3000 presse.
L’Italia è stato infatti senza dubbio il maggior fornitore di tecnologia, con record di vendite nella prima metà degli anni ’90 (nel 1993 il valore dell’export italiano in Cina raggiunse i 372,3 milioni di euro pari al 38% dell’intero export italiano di macchine per ceramica).
Dalla seconda metà degli anni ’90 le esportazioni di tecnologia italiana sono diminuite, assestandosi tra gli 85 e i 100 milioni di euro/anno: l’enorme capacità produttiva installata in pochi anni deve infatti essere assorbita (la domanda interna di piastrelle è ancora inferiore del 40% rispetto alla capacità produttiva).
La domanda cinese di tecnologia italiana avanzata non è più indirizzata all’espansione quantitativa, bensì al miglioramento qualitativo delle produzioni, da questo punto di vista ancora decisamente deficitario se paragonato agli standard occidentali.
Il 90% delle piccole e medie imprese cinesi possiede infatti tecnologie e impianti ormai obsoleti. Oggi il mercato cinese rappresenta il 9-10% dell’export totale dell’industria italiana delle macchine per ceramica e molte aziende italiane sono da tempo presenti in Cina con propri siti produttivi o sedi commerciali.
Tra queste i nomi più noti a livello mondiale, come Sacmi Hong Kong, Barbieri & Tarozzi, Welko Industriale, System.
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