La piastrella italiana cresce nel 2021 e supera i livelli pre-pandemia
Secondo i preconsuntivi di Confindustria Ceramica e Prometeia, le vendite totali hanno raggiunto i 458 milioni mq, segnando un +12% sul 2019, anno pre-covid. L’export segna un +15% sul 2020 e un +13% sul 2019, mentre le vendite in Italia tornano a crescere dopo 20 anni (+9% sul 2019). Lo scenario di mercato positivo è offuscato dai forti rincari del gas naturale (+400%), delle materie prime e dei noli marittimi che rendono insostenibile l’attività economica.
L’industria italiana delle piastrelle di ceramica chiude il 2021 con un forte incremento di produzione, vendite ed export, superando anche i livelli pre pandemia. A confermarlo, il presidente di Confindustria Ceramica, Giovanni Savorani, in occasione della consueta conferenza stampa di fine anno.
Il preconsuntivo 2021 elaborato da Prometeia sui dati di settore evidenzia infatti volumi di vendite totali intorno ai 458 milioni mq (+12% rispetto al 2019), con esportazioni pari a circa 367 milioni mq (+13% sul 2019 e +15% sul 2020) e vendite sul mercato domestico – che torna a crescere dopo 20 anni - per oltre 91 milioni mq (+9%). La crescita dell’export interessa praticamente tutti i principali mercati internazionali, dove le performance più positive sono negli Stati Uniti, in Germania, Belgio e Paesi Bassi.
La produzione è attesa superare i 430 milioni mq, in crescita del 25% sul 2020 che si era chiuso con un calo del 14% a 344 milioni mq.
La positiva situazione si scontra però con i fortissimi rialzi nei costi di tutti i fattori produttivi, energia in primis, così come con la carenza di alcune tipologie di materie prime e le difficoltà connesse ai trasporti via mare.
“La positiva intonazione del mercato e della domanda ci consentirà di chiudere bene i bilanci di quest’anno, ma non possiamo assolutamente rallegrarci. La fortissima crescita nei costi di tutti i fattori produttivi sta mettendo a dura prova la competitività presente e futura delle nostre imprese. Forse per la prima volta nella nostra storia stiamo vivendo un paradosso: siamo pieni di ordini provenienti da tutto il mondo che si scontrano con tensioni altissime sulla marginalità”, ha dichiarato Giovanni Savorani, spiegando che la bolletta energetica dell’industria ceramica italiana era di 250 milioni di euro l’anno, mentre oggi, a seguito di aumenti nell’ordine del 400%, si approssima al miliardo di euro, quasi un quinto del fatturato di settore. “Anche in presenza di aumenti nei listini, parliamo di un’esplosione di costi insostenibile”, ha aggiunto Savorani.
Secondo il presidente di Confindustria Ceramica, sono urgenti e necessari interventi per calmierare l’insostenibile situazione del gas naturale. Una prima misura potrebbe essere la sostituzione di quota parte del gas di importazione con altro di produzione nazionale – in primis quello del Mar Adriatico -, a prezzi calmierati ed inserito all’interno di un percorso di transizione energetica. “Nel 1995 in Italia venivano estratti oltre 20 miliardi di metri cubi di gas, mentre oggi siamo a 4”, ha sottolineato Savorani, aggiungendo che se non si agisce in questa direzione in tempi brevi, “potremmo trovare il bicchiere vuoto, dato che alcuni paesi frontalieri attingono già da questi giacimenti condivisi”.
Il rialzo nei costi dell’energia deriva anche da quotazioni degli ETS che, da 20-25 euro a tonnellata, hanno raggiunto in dicembre gli 85 euro, complice l’intensa attività speculativa che, di fatto, rischia di trasferire risorse dall’economia reale, fatta di imprese e lavoro, alla finanza.
“Il principio di intervenire per salvaguardare il pianeta, all’interno di un percorso di transizione energetica, ci vede assolutamente d’accordo – ha ribadito Giovanni Savorani –. “È però necessario che ci si sposti verso altre fonti energetiche quando queste siano disponibili e a prezzi concorrenziali con il gas. Questo per evitare di perdere competitività e quote di mercato a vantaggio di produzioni extra comunitarie, con conseguente grave rischio di delocalizzazione”.
A preoccupare gli industriali del settore non sono solo i costi energetici. In questi mesi, il rialzo dei prezzi ha interessato anche altri fattori produttivi, quali cartone, pallet e film termoretraibili. Situazione ancora più complessa per le materie prime, alcune delle quali addirittura irreperibili ormai – vedi lo zirconio o l’allumina usati per gli impasti bianchi -, con gravi ripercussioni sulla programmazione delle aziende che non potranno realizzare i prodotti che hanno già venduto.
A questo si aggiungono le difficoltà in tema di trasporti. “Già nei mesi scorsi avevamo denunciato la crisi dei trasporti via mare, a partire dal fortissimo rialzo dei noli marittimi accompagnato dalla difficoltà a reperire container”, ha ricordato Savorani. “La situazione purtroppo non è migliorata: abbiamo notizie, ad esempio, che in diversi porti degli Stati Uniti ci siano decine di navi mercantili alla fonda, in attesa di sbarcare i loro container. Una situazione che determina ritardi nelle consegne ed aumento nei costi”.
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