Africa, lo sviluppo traina il mercato ceramico
In crescita produzione e consumo di piastrelle. Aumenta l’import da India e Spagna, cala decisamente quello dalla Cina.
La crescita economica (+4,1% il PIL previsto nel biennio 2018-2019), la forte urbanizzazione e l’aumento dei consumi consentito dal maggiore reddito disponibile, sono alla base dello sviluppo dell’industria ceramica nel Continente Africano.
Nel 2017, il consumo totale di piastrelle in Africa aveva raggiunto i 920 milioni mq, volumi più che raddoppiati in nove anni grazie ad un trend di crescita ininterrotto (+8,9% il CAGR 2017/2008). La produzione locale ha seguito un’analoga evoluzione, passando dai 308 milioni mq del 2008 ai 700 milioni del 2017 (CAGR +9,5%), tuttavia insufficienti per soddisfare completamente la domanda, tanto che il continente africano continua a rappresentare la terza macro-area di destinazione dell’export mondiale di piastrelle ceramiche.
Il peso dell’import sul consumo di piastrelle del continente, cresciuto fino a coprire il 55% della domanda nel periodo 2013-2014, è andato via via riducendosi, fino a rappresentare il 33% nel 2017.
Nel periodo 2015-2018 le importazioni in Africa sono diminuite complessivamente di oltre 120 milioni di mq, scendendo l’anno scorso sotto i 300 milioni mq.
Circa il 77% dell’import totale 2018 è stato coperto dai primi tre Paesi fornitori, ossia Cina, Spagna e India, che, complessivamente, hanno esportato in Africa 230,9 milioni di mq: la Spagna maggiormente presente in Nord Africa, mentre Cina e India più concentrate nell’Africa Subsahariana e con diverse destinazioni in comune (tra cui Sud Africa, Senegal, Kenya, Tanzania e Angola).
L’andamento dei 3 player è stato però disomogeneo o addirittura opposto.
Mentre India e Spagna hanno mantenuto nel 2018 un trend positivo (rispettivamente +48% e +13% sul 2017), la Cina, di gran lunga il principale esportatore in Africa, ha accusato un brusco rallentamento (-20,8%). Se in alcuni specifici mercati la flessione cinese può essere spiegata solo in parte con gli effetti di una crescente concorrenza indiana, in altri Paesi è decisamente dovuta alla maggiore autonomia produttiva raggiunta dall’industria locale.
Caso emblematico la Nigeria, che nel 2014 importava dalla Cina 74 milioni mq, scesi ad appena 5 milioni nel 2018, a fronte però di una produzione interna che in pochi anni ha già raggiunto i 100 milioni mq l’anno.
Produzioni comprese tra i 10 e i 30 milioni mq/anno si sono sviluppate in Kenya, Angola, Ghana, Tanzania, Uganda, spesso, peraltro, rese disponibili proprio da investimenti diretti e indiretti cinesi, secondo una strategia di offshoring in quei Paesi africani con maggiori legami commerciali e di investimento con la Repubblica Popolare Cinese.
Leggi l'articolo completo pubblicato su Ceramic World Review 132/2019
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