Italia: pronti a ripartire

Già siglato da Confindustria Ceramica con i sindacati un protocollo per garantire la ripresa delle produzioni ceramiche in piena sicurezza. L’appello degli industriali per riaprire le fabbriche al più presto.

Procedono su più fronti le azioni degli industriali italiani della ceramica per ottenere la riapertura dei loro stabilimenti prima del 3 maggio, data al momento prevista dall’ultimo DPCM del 10 aprile che per ora ha consentito solo l’espletamento di attività essenziali, manutenzioni, spedizioni e ricevimento merci.

Mentre prosegue il dialogo con il Governo e la Regione Emilia-Romagna, già prima di Pasqua i vertici di Confindustria Ceramica e i sindacati Filctem-Cgil, Femca-Cisl e Uiltec-Uil avevano siglato un Protocollo Nazionale per la prevenzione dei rischi di contagio che sarà adottato nelle fabbriche non appena il Governo ne consentirà l’apertura. Tra le misure inserite, al fine di garantire la massima sicurezza, la pianificazione dei turni per scaglionare ingressi e uscite dei lavoratori, la sanificazione periodica degli ambienti, gli accessi contingentati negli spazi comuni, la fornitura di dispositivi di protezione (guanti, caschi, mascherine), riunioni e incontri online, assicurazioni sanitarie e non si esclude neppure l’ipotesi di effettuare test sierologici. Vogliono farsi trovare pronte le aziende ceramiche alla riaccensione dei forni, di fatto lo sono già, come lo erano il 14 aprile, quando tutti auspicavano la fine del lockdown o quanto meno il suo allentamento.

Lo dimostra il fatto che lo stesso accordo coi sindacati sia stato raggiunto facilmente - ad affermarlo è il Presidente di Confindustria Ceramica Giovanni Savorani - anche e soprattutto in considerazione del fattore più evidente per chi conosce una moderna fabbrica ceramica: spazi enormi che ospitano impianti altamente automatizzati, sempre più 4.0 grazie ad investimenti per oltre 2 miliardi di euro negli ultimi 4-5 anni, dove su intere linee operano una manciata di tecnici specializzati.

A questo si aggiunge il fatto che l’industria ceramica italiana aveva già ottemperato da marzo a tutte le misure richieste per garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori, con il personale degli uffici già operativo con il telelavoro e più efficaci modalità operative per tutelare gli addetti ai magazzini e i trasportatori nelle fasi di carico della merce. Misure che il nuovo Protocollo potenzia in maniera ben più stringente.

Per Confindustria Ceramica ora non si può più aspettare, come ha spiegato Giovanni Savorani in una lettera inviata al Ministro delle Attività Produttive Patuanelli. E non è solo per i 14.000 addetti in cassa integrazione o perché il fermo produttivo di un mese e mezzo dal 22 marzo ad oggi già equivale alla perdita di un miliardo di euro di produzione. Per l’industria delle piastrelle ceramiche - che esporta l’85% della produzione - la grande preoccupazione è il rischio di perdere quote di mercato a favore di concorrenti esteri che non hanno subito le stesse restrizioni: dagli spagnoli, che hanno potuto riaccendere i forni venerdì 10 aprile dopo soli 11 giorni di fermo (ma che hanno potuto continuare a servire il mercato durante quasi tutto il periodo), ai turchi, ai polacchi e a tanti altri in Europa e nel resto del mondo. “È fondamentale ristabilire in tempi brevi pari condizioni competitive”, scrive Savorani, anche perché riconquistarle, quelle fette di mercato, sarà un compito ancora più arduo (e costoso), dato che la domanda complessiva di ceramica sui vari mercati si è già ridotta di circa un terzo per effetto della pandemia.

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