Come cambierà il distretto di Sassuolo?
"Arriveremo a 400-450 milioni di mq, ma di altissima qualità - ha dichiarato Sassi - magari controllando altre unità produttive nel mondo". In paesi dove le condizioni produttive (reperibilità materie prime, costo del lavoro e dell'energia) siano migliori. Abbiamo dormito sugli allori, non ascoltando gli impiantisti che ci parlavano della possibilità di produrre all'estero e perdendo quindi la possibilità di governare la produzione mondiale
. Ma l'ultimo Cersaie ha dimostrato che siamo ancora i migliori in quanto a innovazione e creatività, oltre che il servizio. Se lavoreremo compatti, associazioni e istituzioni, il distretto potrà rimanere leader per molti anni".
Sassi ha parlato davanti ai presidenti delle altre tre realtà associative che rappresentano l'industria ceramica italiana (Acimac, Ceramicolor e Cerarte), nel corso di un convegno svoltosi il 24 ottobre a Sassuolo e organizzato da Cerarte - il consorzio che riunisce il comparto dei decoratori italiani - in occasione della presentazione della propria indagine congiunturale di settore. Un incontro nel quale sono emersi interessanti punti di vista.
Franco Stefani, presidente di Acimac, ha spiegato la necessità delle aziende che producono macchine di esportare tecnologia: "Cos'altro potevamo fare? La nostra produzione era superiore a quanto il mercato italiano potesse assorbire e l'esigenza era quella di crescere.
Ci siamo ristrutturati e adattati, ma potenzialmente potremmo tuttora produrre il 30% in più". Come fare per sfruttare il proprio know how senza essere copiati? "Occorre concedere i marchi come fanno certe società americane, pretendendo le royalties controllando nel contempo la tecnologia".
I produttori di corredi ceramici si lamentano del fatto che solo il 35% delle proposte frutto della loro ricerca viene recepito e industrializzato dalle aziende produttrici. "Si tratta già una percentuale molto elevata - ha spiegato il presidente Acimac - se paragonata al 5% circa del nostro settore".
Anche per Stefani, in ogni modo, nulla è ancora perduto: "Dobbiamo dominare il cambiamento, non subirlo. Capiamo insieme dove va il mercato per poi cercare le soluzioni".
Daniele Bandiera, presidente di Ceramicolor, ha aggiunto: "I colorifici si sono salvati delocalizzando le sedi già 10-15 anni fa, per stare più vicino ai clienti nel mondo".
Bandiera ha poi lanciato un allarme: "Oggi però la tendenza al minimalismo estetico delle piastrelle, emerso chiaramente anche al Cersaie, preoccupa molto sia noi sia i decoratori. In fiera non sono viste poche serigrafie e poco colore. Il settore, poi, dovrebbe imparare a governare le tendenze per consentire a tutti una miglior programmazione del lavoro. Nel tessile avviene già, ed è possibile sapere quali saranno le tendenze due anni prima".
"Negli ultimi anni si sta abbassando la qualità del prodotto per motivi di prezzo e questo scredita il comprensorio ceramico. Le ceramiche investono meno nel valore aggiunto che abbiamo sempre garantito alla piastrella italiana - ha ammonito Enzo Manara di Cerarte -, si va nella direzione di un uso sempre più parsimonioso dei decori a danno della competitività del prodotto. Ma la risposta di Sassi è stata pronta: "Oggi più che mai dobbiamo fare qualità e chi non va in questa direzione, sbaglia".
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